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5 domande a Silvia Comerio

Victor Brauner (1903-1966) - Conglomeros Victor Brauner (1903-1966) - Conglomeros
Lunedì, 19 Ottobre 2015 15:38
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Questa settimana ho fatto le 5 domande sulla creatività a Silvia Comerio (Oidart Strategy&Graphics). Le sue risposte mi hanno piacevolmente colpita perché ho scoperto la persona che immaginavo, una donna pacata, elegante e sensibile. Un’ottima compagna di viaggio.

Buona lettura

“Perché la creatività richiede applicazione, passione e pazienza, ma all’improvviso sa far materializzare un’idea originale ed efficace.” S.C.

 

1. VISTA
Gli occhi sono il nostro campo base dove iniziamo a educare la nostra percezione e, in qualche modo, a catalogare tutto ciò che ci circonda. Nel tuo blog scrivi “sulla mia scrivania, una biro e un mare di pastelli colorati” da questo mare di piccoli cilindri colorati quale immagine disegneresti da associare alla tua prima scintilla creativa?

Amo i colori, che mi hanno sempre accompagnato tra pagine di agende, mappe mentali, appunti e schizzi. Su tutte le mie scrivanie i portamatite sono sempre stati  due o tre, con un'unica biro nera assediata da pennarelli, matite colorate e pastelli a cera.

La creatività passa dallo sguardo, che va educato con l'osservazione del lavoro di artisti, grafici e designer di oggi e del passato.

Solo con un ricco bagaglio visuale, secondo me, è possibile creare a nostra volta, esattamente come accade nel processo creativo degli scrittori, che sono sempre anche lettori appassionati.

Bisogna scendere in se stessi, rielaborare suggestioni passate e attivare nuove connessioni tra elementi solo apparentemente distanti tra loro.

La prima scintilla creativa per me è un palombaro felice che si immerge in un mare tropicale, con pesci colorati e luminosi, tesori da scoprire e correnti tiepide in cui lasciarsi trasportare alla scoperta di nuove suggestioni visive.

 

2. UDITO
Ascoltare vuol dire porsi in attenzione dell’altro, è un sentire che sfocia in sentimento. Spesso i sentimenti ci portano in mondi lontani, dove è possibile che le emozioni più banali diventino delle grandi intuizioni. A te è mai successo che da un momento semplice sia arrivata una buona idea?

Saper ascoltare è una dote rara, specie nella Comunicazione, dove si tende a voler essere ascoltati.
Penso che una strategia di successo nasca da un'ottima padronanza delle tecniche di Marketing (imprescindibili!) e dalla capacità di saper creare intorno al brand un cono di silenzio in cui abbassare il volume di tutto il resto e mettersi in ascolto delle reali necessità del Cliente.
Per farlo sentire compreso e accolto in un universo valoriale che riconosca come proprio. Poi, certo, una buona idea aiuta a raggiungere l’obiettivo più facilmente.
Ma l'insight creativo arriva a tradimento.

È imprevedibile come la forma delle nuvole in un pomeriggio estivo. Ricordo che tanti anni fa sono stata obbligata da un manager lungimirante a fermarmi, fare un passo indietro rispetto alla valanga di attività che mi stava travolgendo.

È stato allora che ho imparato l'importanza delle pause come momento in cui lasciar emergere il pensiero laterale.

Forse è per questo che per me oggi non esiste una netta separazione tra il lavoro e “il resto”: ho la fortuna di svolgere un lavoro creativo, e sono proprio i momenti semplici, spesso lontano dallo schermo, quelli che per me si rivelano i più efficaci.
Magari mentre stai cucinando, o facendo una passeggiata la domenica mattina.

Nel mio caso una buona idea è il mix perfetto tra strategia, copy e grafica. Quest’ultima si sviluppa in un secondo tempo, quando ho già delineato tutte le fasi di un piano strategico.

Ma l'ascolto diventa anche un'attenzione verso noi stessi, per dare spazio alla scintilla creativa. E la musica mi aiuta molto: è la frequenza che azzera tutte le altre mentre realizzo una nuova brochure o un'adv, ed è in grado di attivare uno stato di concentrazione assoluta.
Ma è quando le note si tramutano in gesti che l’emozione dell'ascolto diventa un'esperienza totalizzante.

 

3. OLFATTO
Abbiamo una memoria odorosa spesso legata all’infanzia: quali sono gli odori della tua terra che porti sempre con te, nei tuoi ricordi? E come hanno influenzato la tua creatività?

È difficile rendersi conto di come un’esperienza odorosa del momento presente saprà legarsi al nostro vissuto in modo profondo, determinando scelte future. O, semplice-mente, rendendo più nitido un ricordo.

Le estati della mia infanzia, passate dai nonni nell’Oltrepò Pavese, sono legate al profumo del mosto, all’odore avvolgente del grano maturo, della vigna del nonno al tramonto, dopo una giornata di sole.

Forse per questo ho sempre amato l’ocra, la terra di Siena e quella d’ombra. Le sfumature della creta, che trasforma il gesto in essenza, su cui creare ancora attraverso la pittura.
Credo di essere in “lista d’attesa” per un apprendistato da un ceramista umbro che conoscevo di fama (il condizionale è d’obbligo, perché da molti anni non tiene corsi) e in cui mi sono imbattuta, quasi per caso, quest’estate. Un grande artista, che alla perfezione tecnica abbina cultura, sensibilità creativa e l’assoluta fedeltà a quell’impostazione artigianale che oggi le regole del mercato rendono sempre meno preziosa.
Spero di poter avere la fortuna di vivere, un giorno, questa esperienza nel suo laboratorio, dove il profumo dei colori e delle cotture in forno si fonde con quello di uno spazio architettonico ricco di storia.

 

4. GUSTO
Il gusto è il primo contatto con il mondo. Ancor prima di viverla, la vita la assaporiamo. Il gusto è la percezione di un sapore (amaro, dolce, salato) ma anche di uno stile. Talvolta è l’inizio di una personale ricerca estetica. Qual è il tuo percorso progettuale, tra grafica e parola, per tracciare lo stile di un cliente?

La preferenza per un sapore è un’alchimia. Io adoro il buon vino, la focaccia di Recco, la pizza (in poche, selezionatissime pizzerie), e tutte le sfumature della cucina vegetariana.

Apprezzo i locali in cui la cura del visual non è lasciata al caso, dall’interior design alla grafica del menu, e la colonna sonora rispecchia i valori del brand. Eppure spesso questi aspetti sono lasciati al caso, perdendo interessanti sinergie tra i sensi.

Anche il gusto stilistico è un incontro imprevedibile che diventa parte di noi. Nel tempo il mio stile si è orientato sempre di più verso l’essenzialità, le linee pulite, le tinte piatte.
Seguo la grafica giapponese, specie dei packaging, e aspiro al decluttering anche se adoro un confortevole disordine creativo.

Lavoro da oltre dieci anni per un’azienda termale e per me è semplice creare una nuova campagna perché vivo in una totale fusione con i valori dell’azienda, la vision e i bisogni del target.
Creo in primis la strategia di marketing, all’interno della quale si colloca anche lo stile grafico, definito e caratterizzante, che declino di volta in volta su una nuova campagna. Ma è fondamentale che ci sia sempre una relazione stretta con la corporate identity.

Capita che a volte mi vengano chieste delle collaborazioni esterne e in quel caso il primo step è una lunga chiacchierata con il cliente per comprendere a fondo le sue caratteristiche distintive, la sua storia e gli obiettivi in funzione delle reali esigenze dei suoi clienti.

La parola diventa strumento per sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, creando un’empatia che nasce dalla comprensione dell’altro.
Sono per me occasioni per uscire dal rigore istituzionale dell’Healthcare e spaziare in stili lontani dal mio gusto personale, ma cuciti sull’essenza di attività che operano in settori caratterizzati da una diversa iconografia.

 

5. TATTO
La creatività è un concetto che non ha corpo. Se ti chiedo di dare una dimensione e una forma a tale concetto, cosa costruiresti e perché?

Costruirei una Carambola, particolare tipo di origami in cui, dopo una serie complessa di pieghe, alla fine si crea in un attimo il volume di un fiore dal foglio, rimasto bidimensionale durante tutto il processo.

Perché la creatività richiede applicazione, passione e pazienza, ma all’improvviso sa far materializzare un’idea originale ed efficace.

 

E per finire una domanda fuori dai sensi: quali sono i cinque musei al mondo da visitare almeno una volta nella vita? E perché?

Nella vita, una visita ai grandi musei di Parigi, Firenze, Londra, New York e del Vaticano - potendo - è fondamentale.

Creando un itinerario un po’ anomalo, però, partirei sicuramente dal Museo dell’Acropoli di Atene, ai piedi del Partenone.
Anche se molte opere sono esposte lontano, penso che il genius loci abbia qui una grande forza magnetica ed emozionante.
Penso che la classicità sia un patrimonio essenziale della nostra civiltà, con valori e suggestioni la cui eco scivola tra un secolo e l’altro, senza mai affievolirsi. Il progresso tecnologico crea una distanza abissale, ma l’animo umano resta esattamente lo stesso.

Per valorizzare una tradizione secolare e il lavoro paziente di un’arte poco nota, vi porto con me al Museo del Bisso a Sant’Antioco (CA), dedicato all’opera di Chiara Vigo, ultima Maestra della tessitura di questa fibra naturale, simile alla seta, prodotta dalla più grande conchiglia del Mediterraneo (la Pinna Nobilis) per ancorarsi ai fondali. Oggi è in via di estinzione, e dopo anni di pesca selvaggia si è tornati al rispetto per la natura e l’ecosistema: la Maestra del Bisso si immerge in subacquea ogni anno per raccogliere uno a uno i filamenti senza compromettere la vita del mollusco. Le sue opere sono un patrimonio dal valore inestimabile, arte tramandata di generazione in generazione, non in vendita ma condivisa con accogliente generosità.

Voliamo a Madrid, e ritemprati da una deliziosa cioccolata con churros alla Chocolateria San Ginés, entriamo al Reina Sofia con le sua collezione di importanti opere dell’arte del Novecento, da Picasso a Dalì, fino a Tàpies.
Questo tipo di percorso visivo è ospitato anche in altri importanti musei, ma qui c’è un’atmosfera particolare, forse creata dalla forza ipnotica del monumentale Guernica. Un quadro che non lascia indifferenti e che obbliga con violenza lo sguardo a una riflessione scomoda ma fondamentale.

Profumo di lavanda e luce del Midi per la prossima tappa. Non è proprio un museo, ma per me l’Atelier Cezanne a Aix en Provence e i percorsi sulle tracce dei suoi luoghi, come usa sorta di “museo diffuso”, è un itinerario intenso ed emozionante.
Ho sempre amato questo artista burbero e solitario, che non ricerca una pittura scientifica, ma poetica. La commovente poesia di cui sono intrise le sue opere. Ripercorrere i luoghi a lui cari è come creare una forte connessione emozionale con l’uomo oltre che con il pittore. Perché per me l’arte è emozione, sintonizzandosi sulla sensibilità dell’anima di artisti capaci di comunicare con la forza dei colori e di un progetto visivo.

E poi la Pinacoteca di Brera, perché gli anni passati all’Accademia nei corsi serali, dopo le giornate in Università, mi resteranno sempre nel cuore. Mi sono persa per ore nella sala dei pittori di Urbino, tra i pascoli di Segantini e la perfezione dell’uovo di Piero della Francesca.
Mi piace osservare a lungo un quadro che mi emoziona, i singoli pigmenti di colore, sedermi in una sala a osservare le opere da lontano, tornare indietro…

Ok, lo ammetto, non sono proprio la compagnia ideale per mostre e musei!

Per info e contatti: OIDART

Silvia Comerio 

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Martedì, 20 Ottobre 2015 07:46

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